domenica 31 agosto 2008

Raccontatelo ai nipoti



Nell'ultima partita di pesce che mi è arrivata c'erano 3 astici per un peso complessivo di 18 chili. L'ultimo l'ho cucinato ieri: 5 chili e 4. Prima di cucinarlo l'ho portato in tavola per far vedere che era ancora vivo. Chi aveva una macchina fotografica a portata di mano non ha resistito a immortalarlo: era più grande di una lepre, di un gatto sovrappeso, per pareggiarlo ci volevano quattro ananassi o sei meloni cantalupi. In 6 hanno fatto fatica a spolparlo. Vi faccio vedere solo una chela. Così, giusto per farvi un'idea...
P.S. Oggi ha pranzato da me Arrigo Levi. Gran soddisfazione vederlo mangiare con gusto i miei crudi di mare, la mia amatriciana, le mie linguine ai crostacei. " Sempre stato contrario alle dittature - mi ha sussurrato al momento del conto - Con lei Nazzareno però, lietissimo di fare un'eccezione

L'ineguagliabile Rosso di Sulmona


Adoro l'aglio Rosso di Sulmona. Batte tutta la vita il Rosa di Napoli e il Bianco Piemontese. Cresce anche a Capestrano e Ofena. Una volta, passeggiando per questi paesi, vedevo le trecce d'aglio scendere dai balconi come liane nella foresta pluviale. La pianta del mio aglio preferito è alta e rostrata, i suoi fiori sono elementari e biancastri, il bulbo prolifero con bulbilli oblunghi. La sua particolarità è che è più grande degli altri e contiene in maggiore quantità gli olii essenziali dei principi attivi che possiede. I vecchi del mio paese lo usavano come fortificante e come medicamento contro i reumatismi - il macerato d'aglio, lo chiamavano. Tagliavano l'aglio a fettine sottili e le mettevano a macerare nell'alcool da liquore oppure sotto zucchero, fino alla copertura.

giovedì 28 agosto 2008

La mia scommessa più grande



Mi chiamo Nazzareno Ricci, una vita passata in cucina. Ho avuto molti ristoranti: 'La Serenissima' ad Avezzano, 'La Nave' a Lugo dei Marzi, il 'Verde Luna' e 'L'Assassino' a Roma. Da tre anni sono tornato in Abruzzo, a Tagliacozzo, dove ho aperto un ristorante che forse è la scommessa più audace di tutta la mia vita: un ristorante di pesce, però pesce vero, pesce di mare, nel cuore della Marsica. Niente pesci strani dell'Atlantico ad eccezione delle ostriche bretoni, niente pesci allevati in vasca - per me gli allevamenti di Orbetello potrebbe anche fallire. Un ristorante in cui mangiare carpacci di branzino della costa amalfitana, di scorfano del Tirreno, di fragolini, di tonno, di pesce spada, scampi e mazzancolle crude, ostriche, granseole, granchi, gamberi rossi di Sicilia, tartufi, ricci di mare del Cilento, cannolicchi (solo nostrani), linguine alla pescarese (scampi e mazzancolle sgusciate e vongole veraci), riso alla crema di scampi (ma con quella vera, lavorata con scampi freschi macinati e non con le solite anodine cremine furbe e industriali) riso alla pescatora (tutto pesce fresco misto), riso al nero di seppia, strepitosi gnocchetti con astice sardo, sarde in saor, spigole al guazzetto, scampi in crosta di sale grosso, spigola spinata con farcia di crostacei, involtini di rombo con gambero rosso di Sicilia al sentore di Cognac, San Pietro con salsa di acciughe e asparagi, filetti di orata in crema di cipolle dolci e more.